28March2024

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L'osteria del Nisela

L'osteria del Nisela si trova in via Duca degli Abruzzi. Ora si chiama "ma mi" ed è gestito da due giovani cinesi. Il primo ricordo che ho di quel posto è legato all'acquisto delle sigarette.

Quando ero ragazzo le sigarette si potevano comprare sciolte. Te le davano in una bustina di carta velina. Di domenica pomeriggio, dopo la dottrina all'oratorio, in compagnia, ci si avviava verso il Nisela. Si faceva una colletta e uno di noi entrava a comprare una bustina con cinque Nazionali Esportazione (quelle col filtro nel pacchetto verde con la caravella) e le si fumava di nascosto prima di tornare a casa. Le prime volte si tossiva e la testa girava. Qualcuno di noi fuma ancora, altri sono morti di cancro ai polmoni, altri ancora hanno smesso in tempo.

Ma non vorrei parlarvi del "vizio del fumo", ma dell'osteria. Sulla destra entrando c'era il banco per la vendita dei tabacchi, dei francobolli, fiammiferi e sale. Negli anni 50 anche i fiammiferi ed il sale erano generi di monopolio, residuo dell'Italia imperiale e coloniale dove lo erano pure le banane.

Il vecchio banco si trovava di fronte a quello che c'è adesso.Era scuro, molto alto, forse perchè noi eravamo bambini, ingombro di bottiglie, boeri con l'estrazione, caramelle Dufour. C'era anche una vetrinetta con qualche dolciume.  Dietro il banco c'era il Nisela (Borghi Dionigi), uomo arguto, non molto alto, di corporatura robusta, la moglie Tilde, abbastanza robusta e dal viso dolce. La figlia Giovanna e i due figli Peppino e Giambattista aiutavano a servire, al banco dei tabacchi o ai tavoli, Giambattista, il più piccolo, ora gestisce la tabaccheria in largo Fagnani.

Dal banco in poi c'erano i tavoli in un grande salone disadorno. Di domenica l'ambiente era impestato dal fumo di qualche centinaia di sigarette che rendevano l'aria spessa e appiccicosa. D'inverno la visibilità all'interno del locale  era la stessa che c'era per strada con certi nebbioni che ora non ci sono più. Il fumo rimaneva impregnato nei vestiti che emanavano, a distanza di ore, un odore nauseabondo e pungente. 

Spesso gli avventori bevevano vino rosso o spuma d'or che si giocavano in partite interminabili a scopa o a briscola. I più raffinati e giovani giocavano a ramino o a briscola chiamata sorseggiando "punt e mes", Fernet Branca o il "bianco spruzzato" (ora lo chiameremmo spriz). Il vocio di fondo era molto alto, spesso interrotto da imprecazioni o litigate tra compagni di gioco.

Si dice che di sera, a saracinesche abbassate si proseguisse a giocare a carte, e si favoleggiava che il Nisela preparasse degli ottimi piatti di "casoula" che noi, troppo giovani per stare fuori di sera tardi, non avemmo mai il piacere di gustare.

Mi ricordo che più di una volta, sempre di domenica pomeriggio, alcuni componenti della nostra banda musicale si ritovavano dal Nisela per improvvisare musica. Oggi sarebbero delle jam session. 

L'ultimo ricordo riguarda l'uscita degli uomini dall'osteria attorno alle sei e trenta, sette di sera. Alla chetichella gli avventori uscivano barcollando e a piedi o in bicicletta (che pericolo!) si dirigevano verso casa, alcuni con la coda tra le gambe aspettandosi i rimbrotti delle mogli per lo stato di ebrezza, se non "ciucca", altri richiamati da un certo languorino. A quei tempi, sto parlando della fine degli anni '50, inizi '60, spesso di domenica sera si mangiava lo stufato con le patate unite all bollito che era servito per fare il brodo per il risotto di mezzogiorno.  

E' inutile parlare del "dopo Nisela", nulla fu più come prima, ma mi auguro di tutto  cuore che i nuovi avventori riescano a far decollare questo posto. Infatti sono gli unici nella via principale del paese che rimangono aperti almeno fino a mezzanotte. Un punto luce nella penombra solitaria della via. 

Pier Angelo Gianni   Gerenzano, 27 ottobre 2014