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Houston a naso in su (e in giù) Featured
02 November 2013 Written by 

Houston a naso in su (e in giù)

Il centro economico di Houston (down Town) è un grande quadrilatero costellato di Skyscraper  alti anche parecchie centinaia di metri. Ti senti una formichina sovrastata da giganti di cristallo.

La solidità dell’ Oil Business si vede dall’altezza dei grattacieli; c’è quello della Exxon-Mobil, della Chevron, della Shell, della Total ed Eni. Tutti rigorosamente di vetro lucente scuro o azzurro, abbacinanti, sfaccettati come quarzi preziosi.

Attorno alla down town c’è un anello autostradale (ring) con almeno 12 corsie, più le due corsie d’emergenza ed una corsia centrale per la polizia ed usata alternativamente nei due sensi di marcia dai commuters durante le ore di punta. Le strade invece all’interno dell’area dei grattacieli non sono molto ampie, al massimo sei corsie e sono in generale sgombre di auto. Solo pochi taxi con autisti svogliati  stazionano vicino all’uscita degli hotel o dei building. Colpisce la scarsità di gente che cammina per le strade perchè chi si sposta da un palazzo all’altro preferisce muoversi nel sottosuolo camminando per tunnel lunghi, complessi e tortuosi rigorosamente rinfrescati da  air cooler e risalire con scale mobili nelle hall dei diversi palazzi o nei parcheggi multi-piano.

Sono andato ad Houston per un meeting con una compagnia americana dell’oil business che si trova in Travis Street al sessantottesimo piano di un palazzo che ne ha più di ottanta. Si entra in una hall ampia con al centro un banco rotondo presidiato da due guardie armate che ti scrutano dalla testa ai piedi, ma anche gentilmente ti indicano quale ascensore prendere. Ci sono due tipi di ascensore. I primi arrivano fino al sessantesimo piano, i secondi dal sessantesimo in su. Al sessantesimo piano si arriva in un attimo con lo stomaco in gola. Questo piano è un po’ speciale perché c’è un grande atrio dove si transita per salire sull’ascensore per i piani superiori. Il pavimento arriva fino alla parete vetrata verticale. Quando ti avvicini al bordo e guardi il panorama dall’alto ti gira la testa. Vedi i tetti dei grattacieli circostanti e le strette strade con i pochi automezzi, come macchinine giocattolo, che girano lentamente. Vedi il profilo dei palazzi ed all’orizzonte le strade che si intersecano e sormontano in ampie matasse di nastri grigi.

Questi palazzi sono fatti per impressionare. Consumano una quantità enorme di energia per vivere, essere illuminati, riscaldati o raffreddati. I sistemi di allarme sono sofisticati e le vie di fuga sono ben evidenziate dai tipici cartelli con l'omino verde che fugge. Gli uffici e tutte le finiture sono lussuose, con pareti in noce, pavimenti in moquette e granito, mobili d’ufficio massicci, leggermente fuori moda, tipici delle compagnie solide economicamente e non nate dal nulla.

La segretaria che mi riceve ha una certa età, come pure Martin che mi aspetta nel suo ufficio. Mi ha raccontato che durante l’ultimo uragano il palazzo ondeggiava paurosamente ed i lampadari dondolavano come su un brigantino in mezzo ad una tempesta oceanica; ma mi ha detto anche che non ha mai avuto l’impressione, nemmeno per un attimo, di essere in pericolo.

I grattacieli sono il simbolo della potenza economica di una nazione, e in questo ci hanno copiato. Anche in Italia nel medioevo i signorotti costruivano torri non solo per difendersi, ma soprattutto per far vedere la loro potenza e solidità economica, vedi San Gimignano, Firenze, Siena e Bologna. Tanto per ritornare con i piedi per terra: a Gerenzano hanno abbattuto senza batter ciglio una solida torre del 1200 (nella corte del Ratel) pochi mesi fa.

Pierangelo Gianni  (circa 2007)

 

 



Redazione

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